De consectatione vespasiani

Questo week end è stato portatore di grandi riflessioni. Sabato sera sono andata a teatro, attività che la gente dovrebbe fare più spesso, a mio modesto parere. Non entrerò nello specifico dello spettacolo, che è stato godibilissimo, ma vorrei richiamare l’attenzione su una questione che mi ha lasciato alquanto perplessa. Il, non da sottovalutare, problema della toilette.

Con ordine.

E’ una mia peculiare caratteristica essere sempre di fretta, cosa che attribuisco alla mia brutta mania di non rinunciare mai a niente sommata alla mia totale incapacità di calcolare tempi e distanze. Condiamo il tutto con un pochetto di pigrizia, e sappiamo che questa combo micidiale non può che fare della vostra P una tiratardi da prendere a randellate. Quindi quella sera avevo giusto altre sedici cose da fare prima di presentarmi alla biglietteria, e al mio arrivo, pettinata, truccata e vestita di tutto punto, avevo semplicemente tralasciato una visitina al gabinetto. Per fortuna avevo ancora una decina di minuti a disposizione, quindi ho scaricato cappotto, sciarpa, pochette e programma sulla poltroncina e me la sono filata, con l’intenzione di fare una toccata e fuga e poi ritornare al mio posto in terza fila – nel pieno centro della terza fila – il prima possibile. Giusto per non far alzare mezza platea a luci spente e spettacolo iniziato, comunicando all’intero teatro che la sottoscritta doveva assolutamente liberarsi dei liquidi in eccesso.

Passerò al tempo presente per rendervi più partecipe del ritmo serrato con cui si è svolta la mia disperata ricerca del Sacro Graal in cui…vabbé, questa parte l’abbiamo capita.
Esco dalla porta più vicina alla mia fila, e mi ritrovo in un corridoio stretto. Verso il fondo, una porticina. TOILETTE. Però davanti c’è solo il disegno di un omino. Niente damina. La fila fuori è però mista, e una donna davanti a me: “Vado nel bagno degli uomini perché dalle donne è ancora peggio”. Ok, questo potevo aspettarmelo. Dato che sono una scout e mi formalizzo poco, mi metto pazientemente in coda, pronta ad arrampicarmi sulla parete nel caso il bagno fosse di quelli davvero poco praticabili per una ragazza. Tutto questo comunque mi fa realizzare con raccapriccio che per l’intera platea ci sono solo due bagni, uno xy a destra e uno xx diametralmente opposto. La sorpresa più gradita è che i suddetti bagni sono minuscoli, solo due cessetti ciascuno, per più o meno sei o sette spettatori in agonia, a pochi minuti dall’inizio. Io proprio non resisto, e cedo incauta il mio posto per andare a cercarne qualcun altro ai piani superiori. Quelli delle gallerie avranno pure i loro bisogni, no? So bene che sul lato sinistro, al piano ammezzato c’è un altro bugigattolo per le donne, ma il mio ottimismo fa sì che io mi inerpichi per lo scalone destro. Me tapina, chiunque abbia progettato il teatro non l’ha fatto in maniera speculare. Gironzolo un po’, ma trovo solo indicazioni per la piccionaia. Potrei avventurarmi nei corridoi stessi dei palchi, ma rischierei di rimanere intrappolata nella folla. Allora mi catapulto da una parte all’altra del teatro, arrivando davanti al bagno delle femminucce della platea. Anche lì, seppur modesta, c’è una fila. Aspetto con pazienza, ma il qualcuno dentro a quanto pare sta tirando gli ultimi, perché non ne esce nessuno per un po’. Finalmente la porta si apre, una tizia soddisfatta si palesa fuori, ne entra un’altra. Altri lunghi attimi di attesa. Arriva una maschera: “Signore, tra poco cominciamo, se volete c’è un bagno anche nell’ammezzato”. Eh, lo so, ma mica mi faccio rubare il mio tanto sudato posto. Sbirciando da una fessura scopriamo però con orrore che la nostra capofila entrata un bel po’ di tempo prima in realtà sta solo proseguendo la coda all’interno. A questo punto con uno scatto da centometrista, che me lo invidio ancora se penso ai miei magri risultati ginnici dell’età scolare, sfidando le campanelle che iniziavano a suonare, salgo le scale, trovo il mio cessetto finalmente vuoto, in una frazione di secondo sbrigo tutte le necessarie faccende – sempre con le campane nelle orecchie che fanno “P, porca paletta, muoviti che dobbiamo chiudere gli ingressi alla platea” – e rieccomi nella mia terza fila, ora completamente piena, ma almeno con la luce ancora accesa e il sipario calato.

Ora, dico io: un teatro abbastanza grande e solo tre bagni, per un totale di sei turche? Voglio dire, ci sono certe serate alquanto impegnative, e gli spettatori non sono sempre giovincelli come la sottoscritta, disposti a tenersela per tre ore. Anzi, per la maggior parte, ormai, in teatro ci son solo delle anziane signore ingioiellate che, per quanto possano cementarsi la faccia di fondotinta e passare da settanta a sessant’anni, non avranno più la vescica dei loro dorati vent’anni. Non sarà molto artistico, come problema, ma è pur sempre una scomoda questione.

E mi ricollego alla mia avventura per una domanda che mi è sorta all’improvviso mentre assistevo al red carpet degli Oscar (noiosi e annunciatissimi, ma portatori di grande gioia per la sconfitta di Pitt e Clooney, che dopo il fascino iniziale ora proprio non mi vanno giù) ieri sera. Le star indossavano i soliti vestiti di haute couture, alcuni vere opere architettoniche più che di sartoria. e mi sono improvvisamente resa conto, nel sentire un’intervistata dire che il vestito era talmente stretto che avrebbe dovuto tenere la pipì tutta la serata, che per tutta la durata della cerimonia di premiazione, che è lunghetta, probabilmente nessuna andava in bagno. Poi, sono anche io che sono fuori allenamento, ma come diavolo si fa ad andare al gabinetto con uno strascico lungo tre metri e coperto di piume, per dire? E se ti sfugge e si puccia direttamente nel water? O se te lo cacci sotto i tacchi e si impasta per bene con il classico sporchino che si forma per bene sulla mattonelle calpestate da troppe persone, non importa quando sia lussuoso il bagno? Forse ai lati ci sono delle pinze per tenere su le gonne più voluminose. Oppure, come hanno il personal stylist e il personal trailer, magari le persone famose hanno anche un personal pisser che spiega loro come cavarsela in certe situazioni.

In ogni caso, quando passi troppo tempo a riflettere su cacca e pipì, è lampante indizio di una preoccupante regressione allo stadio infantile. Nel caso migliore, si intende.