Scarpette rosa

Da piccolina, io volevo ballare.

Niente di serio e professionale, sono la persona meno seria e professionale di questo mondo, ma mi sarebbe piaciuto indossare un tutù. Poiché avevo un profilo da ballerina – mi dicevano proprio così – tanto valeva sfruttare una dote naturale. Poi mia mamma decise per me e io fui: karateka, schermidora, tennista, ginnasta e, per una breve ma intensa stagione, cavallerizza. Del resto, cosa si può fare contro la potestà genitoriale?

(Tra l’altro, fui una frana in tutto.)

Adesso che sono maggiorenne da un pochetto, indipendente grazie a una certa tesserina rosa tanto sudata e a una fedele vettura, la mia Penelope (conosciuta anche come “Melanzana mia” per il colore – scelto dalla sottoscritta, chiaramente), mi sono iscritta a un corso di Danza Classica per Adulti Principianti.

Ci credereste?
Sono la più principiante tra le principianti. Ho cominciato due mesi dopo tutte le altre.

Ma quello che davvero mi preme raccontare è che l’altro pomeriggio mi sono comprata le scarpette. Le mie prime scarpette a mezza punta, in pelle rosa, con il fiocchetto e l’elastico da cucire per tenere ferma la caviglia. Ecco, l’elastico. Da cucire.
La tipa del negozio mi fa: “Le ballerine imparano subito a cucirsi le loro cose!”
Io taccio.
Non perché sia assolutamente incapace di maneggiare ago e filo, no. In quel momento, anzi, ho focalizzato la romantica immagine della cara vecchia P seduta su uno sgabellino, in una stanza poco illuminata, che con pazienza, amore e dedizione si cuce le sue prime scarpette. E, toh!, si punge il ditino, e appare una macchietta rossa, prontamente ripulita: ah, quanto sacrificio richiede la bruciante passione per l’arte!

Quindi, stamattina, vado da una persona fidata:
– Insegnami, o Maestra, l’arte del cucire. Devo sistemarmi le mie scarpette rosa, ma con il sudore della mia fronte, non come quando ti do i pantaloni da sistemare che poi scappo via. Tu fai, e io imito.
– Sarà presto fatto, giovane e promettente Allieva.

La mia persona fidata esce dalla stanza. Io attendo trepidante. Ricompare sulla porta. Tra le braccia, lei. La Macchina da Cucire. Niente aghetto, niente ditale, niente sudore della mia fronte.

E’ andata a finire che in due minuti, tac tac tac tac, le mie scarpette erano bell’e fatte, e io non avevo toccato un filo manco per sbaglio.

In compenso, adesso le tengo appese a uno scaffale con un nastro bianco. Ho avuto comunque il mio tocco di romanticismo, e nel 2012, ballerina a vent’anni, facciamo che basta così.

5 pensieri su “Scarpette rosa

  1. Carissima P,
    voglio assolutamente consolarti.
    Io no ho mai avuto un profilo da ballerina, anzi…niente collo del piede, niente collo in generale, nessuna elasticità (una cozza saprebbe toccarsi meglio le punte dei piedi di quanto faccia io)..insomma niente di niente. E quello che è peggio è che non me lo sono detta da sola, ma niente popodimenoche…Liliana Cosi e Marinel Stefanescu!
    Mentre facevo l’esame d’ammissione, a undici anni, piena di ogni entusiasmo, per un corso di danza classica, le due Etoils scuotevano nervosamente la testa..da destra a sinistra ovviamente!
    E io che amavo la danza più d ogni altra cosa…bè!non mi sono arresa.
    Ho indossato il mio body azzurro (terribile per chi ha il culetto abbondante come il mio), sistemato l’elastico sul mio tutt’altro che vitino da vespa, lottato con le forcine per tenere i capelli a spaghetto in uno pseudo chignon e.. ho cominciato a lavorare sodo.
    Non sono diventata una ballerina, ma dopo tre anni ho ricevuto il più bel complimento della mia vita… che inizia malissimo, ma finisce bene : la mia maestra disse “Quando sei arrivata eri davvero tra le più bruttine, ma adesso sei tra le migliori della classe”. Che soddisfazione! Avevo 14 anni e da lì a poco avrei lasciato la sudata sbarra per altre passioni.
    Quindi hai tutta la mia ammirazione e buona fortuna con le tue scarpette rosa.

    Ps:bella idea questa del blog!

    A.

  2. ci vuole un certo coraggio a comprare le prime scarpette rosa a 20 anni, e anche ad avere la forza di immaginarsi mentre le si cuce in una stanza poco illuminata (perchè quello che conta è che tu lo abbia immaginato,non fatto)…complimenti P,non sei poi così “petite”!

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